La storia
La nascita
La seconda edizione della “Corsa della Canonica”, gara competitiva su strada disputata a Barzanò, era appena stata messa in archivio, quando il nucleo organizzativo della manifestazione si rese conto che quello che avevano creato era l’esatta immagine della loro voglia di correre.
L’estate 2003 avanzava e, con l’aumento del caldo, in questo gruppo di amici aumentava una sensazione generale, tutti si resero conto di quello di cui avevano bisogno.
Cercavano il piacere di correre in libertà, poterlo fare nella quantità desiderata, dalle gare in pista alle ultramaratone, dalle campestri più sconosciute ai campionati Italiani, senza nessuno che infilasse dei bastoni tra le gambe, nessuno che potesse criticare le scelte. Veloci o lenti, piu o meno competitivi, le risposte erano valide per tutti. Si desiderava gareggiare, ma anche semplicemente ritrovarsi la domenica sulle strade delle Non Competitive per prepararsi al meglio agli appuntamenti della stagione.
L’opportunità era lì, pronta per essere presa al volo. L’essere legati, non solo verbalmente, in una realtà che non rappresentava le reali volontà del gruppo fece la differenza e magicamente si cominciò a parlare di una nuova Associazione Sportiva.
Bastò poco per muovere le acque e come un fiume in piena l’alveo si riempì di idee e mire anche ambiziose. Stava nascendo una nuova Associazione Sportiva, l’associazione che univa i suoi soci sotto un cielo sereno, un cielo fatto di fatica e sudore, fatto di soddisfazioni inimmaginabili, quelle che solo l’atletica leggera può regalare.
Il nome
Occorreva, a questo punto, dare un nome a questa realtà che stava nascendo. Tantissime idee furono messe sul tavolo, Nomi più o meno fantasiosi uscivano a fiumi, ma mancava quel non so che che potesse dare al meglio l’esatta definizione del piccolo progetto dalle grandissime aspettative.
Ed ecco che come un raggio di sole che buca le nuvole di un temporale estivo, sul tavolo apparse non un nome, ma bensì una serie di numeri, “42195”.
Ecco quello che si stava cercando, ecco il nome che poteva da solo dire tantissimo su quegli atleti che sotto quel numero si sarebbero rifugiati come i pulcini sotto le ali della loro mamma Chioccia. Quale nome migliore poteva essere scelto se non la serie di numeri che definiscono una distanza? La distanza per eccellenza nel panorama atletico. La distanza che fin dalla sua prima edizione è stata definita la regina delle Olimpiadi. Quella gara che ha creato miti e leggende tanto fantastiche da sembrare scritte da un dotatissimo scrittore, ma che invece sono solo la realtà di una magica gara di nome “Maratona”.
Era fatta. L’Associazione Sportiva Dilettantistica “Atletica 42195” prendeva vita e come un piccolo cavallino era subito pronta a correre per e con i suoi fondatori. Biffi Massimo, Corti Carlo, Costantini Nicola, Di Maro Maurizio, Di Maro Rosangela, Fumagalli Matteo, Fumagalli Tarcisio, Gatti Fabrizio, Lissoni Antonella, Palleria Giuseppe. Palleria Maria Angela, Pinna Jean Paul, Simonetta Francesco, Viganò Paolo, ecco l’elenco di coloro che hanno voluto e creduto in questa associazione .
L’Atletica 42195 è diventata operativa con la stagione 2004 e da quel momento ha accompagnato i suoi atleti sulle strade, sulle piste, sui sentieri, sulle montagne…. ovunque ci sia possibilità di correre l’Atletica 42195 è presente.
42195 perché questo numero ?
La maratona, la gara per eccellenza delle “Olimpiadi dell’era Moderna”. Ma perché correre per 42 chilometri e 195 metri tutti di un fiato ? Perché proprio questa distanza?
La distanza della maratona non venne subito standardizzata e fino alla maratona olimpica del 1924 essa ebbe diverse variazioni, comprese tra i 40 e i 42,75 chilometri. Nei primi anni la distanza della maratona era di circa 40 km, cioè la distanza tra Maratona ed Atene.
La maratona olimpica del 1908, svolta a Londra, doveva originariamente partire dal Castello di Windsor e finire allo Stadio Olimpico, con un percorso di 26 miglia esatte (pari a circa 41.843 metri) a cui gli organizzatori aggiunsero 385 yarde (ossia circa 352 metri), in modo da porre la linea di arrivo davanti al palco reale. La distanza risultante fu in tal modo di 42.195 metri; tale distanza dopo le successive edizioni dei giochi del 1912 a Stoccolma e del 1920 ad Anversa, venne ufficialmente adottata nel 1921 dalla Federazione mondiale di atletica e divenne ufficiale a partire dai successivi Giochi di Parigi del 1924
Maratona oltre la gara, un mito
L’idea di organizzare la gara venne a Michel Bréal, che voleva inserire l’evento nel programma della prima Olimpiade moderna, svoltasi ad Atene nel 1896. La maratona era la gara più attesa dei primi Giochi Olimpici e intendeva essere la rievocazione sportiva di un evento epico: la corsa di Filippide (o Fidippide, secondo le fonti) dalla città di Maratona all’Acropoli di Atene per annunciare la vittoria sui persiani nel 490 a.C. La maratona olimpica avrebbe seguito un percorso analogo, dal ponte di Maratona allo stadio Panathinaikon di Atene, per un totale di 40 km (la lunghezza ufficiale di 42,195 km per la maratona come detto fu stabilita solo nel 1921).
Questa idea venne fortemente appoggiata da Pierre de Coubertin, il fondatore dei moderni Giochi Olimpici, così come dai greci. Questi ultimi organizzarono una gara di selezione per la maratona olimpica, che venne vinta da Charilaos Vasilakos con il tempo di 3 ore e 18 minuti. Spiridon Louis giunse quinto in questa gara, ma vinse quella olimpica con il tempo di 2 ore, 58 minuti e 50 secondi, comprensivi di una pausa per bere un bicchiere di vino in un’osteria lungo il tragitto. La gara si svolse il 10 aprile 1896.
La gara olimpica della maratona ha spesso conosciuto momenti drammatici o altamente significativi. È rimasta celebre la gara del 1908, quando l’italiano Dorando Pietri giunse primo in prossimità del traguardo ma collassò a terra poco prima di raggiungere la linea di arrivo. Sostenuto da un giudice, venne successivamente squalificato, lasciando così la vittoria all’americano Hayes.
La gara del 1912, in occasione dei successivi giochi di Stoccolma, fu addirittura più drammatica: a causa del forte caldo, inusuale per la Svezia, nonché per la proibizione assoluta di fornire, come invece si fa oggi, beveraggi e docce ai concorrenti, molti di loro ebbero malori ed addirittura il portoghese Francisco Lazaro morì in seguito alla disidratazione ed al colpo di calore; legato a questa maratona c’è anche uno degli episodi più curiosi dell’intera storia della disciplina, quello del giapponese Shizo Kanakuri e del suo “straordinario” tempo finale di 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti e 23 secondi! L’atleta nipponico, accreditato della migliore prestazione mondiale di 2 ore 32 minuti e 45 secondi, era fra i favoriti (la gara sarà vinta con un tempo di oltre quattro minuti superiore); al 30° chilometro però il caldo e l’arsura, uniti all’invito di uno spettatore perché si rinfrescasse con una bibita all’interno della sua casa, fecero sì che succedesse l’irreparabile: Shizo Kanakuri si sedette nel soggiorno dell’ospitale casa svedese e si addormentò; si svegliò dopo molte ore e, per la vergogna, non si fece trovare (tornerà in patria con mezzi di fortuna): fu praticamente dato per disperso dagli organizzatori ed il suo nome non figurò fra gli arrivati, né fra i ritirati. Fu “ritrovato” da un giornalista svedese nel 1962 in occasione del cinquantenario dei giochi di Stoccolma e, cinque anni dopo, gli fu data la straordinaria possibilità di riprendere la “sua” maratona olimpica da dove l’aveva interrotta e di concluderla, finalmente, col tempo che si è detto!